L'Allenamento Ottimale

Thursday, 18 December 2014 08:29
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Pratiche sportive eccessive possono creare sgradevoli inconvenienti come: overtraining, overreaching, burnout, infortuni tendinei e muscolari ecc. Cosa fare per prevenire l’overuse nello sport? 

Nell’ambito della preparazione atletica possiamo prendere in considerazione diversi mezzi per migliorare la programmazione sportiva e prevenire il rischio di overuse. Facciamo ora chiarezza su questi tre argomenti: 

• Programmazione dell’allenamento 

• Riscaldamento e stretching;

• Core training e possibile relazione con la performance sportiva.

 

Programmazione dell’allenamento 

Ad oggi è sempre più importante sapersi allenare e seguire un programma di allenamento individuale. E’ innanzitutto necessario individuare il livello di partenza dell’atleta e fissare degli obiettivi a medio e lungo termine. Successivamente si possono mettere in pratica diverse metodologie di allenamento da poter utilizzare nella preparazione pluriennale, nel macrociclo (preparazione annuale), nel mesociclo (preparazione mensile), nel microciclo (preparazione settimanale) e nell’unità di allenamento (allenamento singolo - UA). La giusta preparazione sportiva mira al rafforzamento della salute, allo sviluppo armonioso del fisico e al miglioramento di tecniche e tattiche per il raggiungimento degli obiettivi prefissati. Il metodo migliore per ottenere questi risultati è programmare un piano di allenamento a carattere annuale (macrociclo) seguendo la cosiddetta teoria della “periodizzazione” (studiata in primis da L. P. Matveev, 1964 – 2001); tale teoria è basata sull’affermazione che un miglioramento dello stato di massima “prontezza” (forma sportiva) è un processo a lungo termine che richiede una durata che varia da un anno (macrociclo) a 6 mesi (diversi mesocicli), motivo per cui organizza la preparazione annuale in grandi cicli di allenamento (macrocicli – programmazione pluriennale). Questa teoria si scontra con il calendario annuale delle competizioni di molte discipline sportive che possono durare dagli 8 ai 10 mesi. 

Pianificazione allenamento

Con lo sviluppo delle ricerche sono nate nuove teorie sulla preparazione annuale che non prevedono la periodizzazione dell’allenamento ma suggeriscono agli atleti di allenarsi partecipando ad un gran numero di competizioni (nell’arco del periodo competitivo 8 – 10 mesi) con altrettanti periodi di preparazione speciale (microcicli di preparazione composti da unità di allenamento a carattere specifico). Dopo quasi 20 anni di errori da parte degli atleti e dei loro allenatori, oggi si può affermare che questo metodo di allenamento non porta nessun miglioramento sulla performance sportiva, anzi diminuisce le possibilità di raggiungere lo stato di prontezza sportiva (picco di forma), provoca un calo dei risultati ed aumenta il rischio di incorrere in infortuni. Le ultime teorie sulla metodologia di allenamento hanno rivalutato e riformulato la vecchia teoria della periodizzazione creando quella dell’approccio “sistemico” all’allenamento (Platonov et al. 1995). I fattori che formano il “sistema” sono la preparazione sportiva degli atleti, l’attività di gara, lo stato di prontezza dell’atleta ed il risultato stabilito. In tale maniera si ottiene un modello prestativo che tiene presenti i moderni risultati riguardanti le leggi dei processi di adattamento, deadattamento e riadattamento.La teoria dei sistemi si basa sul concetto di componente di forma sportiva stabile, che riguarda la stabilità della forma sportiva mantenuta nel tempo, e su quello di forma sportiva labile che invece concerne il raggiungimento della prontezza sportiva (il fine rimane il risultato).

Il rapporto tra queste due componenti determina la dinamica dei risultati sportivi (Matveev, 2001). Ad oggi esistono tre diversi approcci per la pianificazione della preparazione sportiva degli atleti:

1.Un tipo di pianificazione che prevede una partecipazione massiccia alle gare per poter raggiungere livelli di prestazione elevata in ogni competizione (Platonov, 2002).

2. Una pianificazione che non prevede una grande partecipazione alle competizioni ma solo a quelle più importanti (Keller, 1995).

3. Una pianificazione che prevede di partecipare a 

diverse competizioni con significati diversi come: gare preparatorie, gare di controllo e gare introduttive che servono come mezzo di preparazione; bisogna puntare alla massima prontezza nelle corse-obiettivo (Platonov, 2002).

Un programma di allenamento ottimale deve tenere presente anche dei periodi di recupero da un allenamento (supercompensazione). Una fase troppo lunga di catabolismo potrebbe portare ad un sovrallenamento (overtraining ed overreaching). Per far si che questa supercompensazioni avvenga bisogna raggiungere un certo grado di impegno fisico nell’allenamento; in presenza di uno stimolo allenante troppo debole infatti non si verificherebbe né una supercompensazione né un adattamento con conseguente miglioramento delle prestazioni. Ne consegue naturalmente che se la supercompensazione viene utilizzata con criterio, il livello di forma sportiva incrementa raggiungendo il miglior grado di prontezza; al di sopra di questo però, la forma sportiva non può salire ed è necessario concentrarsi per mantenerla il più a lungo possibile. 

La capacità di recupero dipende da diversi fattori come: 

1. il sesso (le donne avendo un minor tasso di testosterone rispetto all’uomo recuperano meno);

2. l’alimentazione;

3. la qualità e la quantità del sonno;

4. la predisposizione individuale (genetica);

5. l’età (gli anziani recuperano peggio perché hanno un profilo ormonale più leggero);

6. il grado di forma sportiva.

Il tempo necessario per far avvenire la supercompensazione dipende, dall’affaticamento e dalla qualità del carico dell’unità di allenamento (UA). Maggiore sarà il carico dell’UA, maggiore risulterà l’affaticamento e di conseguenza più lungo sarà il tempo per “supercompensare”. 

 

Riscaldamento e stretching

Il riscaldamento è un insieme di esercizi e procedure che hanno come fine quello di preparare l’organismo dell’atleta all’imminente attività motoria. Per essere valido il riscaldamento deve realizzare tre compiti:

1.Compito funzionale, si ha con la realizzazione dell’accelerazione del periodo d’avviamento al lavoro della funzione respiratoria, dei tessuti, della circolazione sanguigna, del metabolismo, ecc.

2. Compito motorio, organizza il lavoro dei muscoli e la loro interazione.

3. Compito emotivo, è una preparazione psicologica dell’atleta verso l’imminente lavoro.Diversi studi hanno stabilito con certezza che il giusto riscaldamento pre - agonistico produce un aumento della prestazione dall’1-2% al 7% (Merlino, 1959; Richards, 1968; Jakovlev, 1974).

È anche vero che l’assenza o la carenza del riscaldamento prima di una competizione o di un allenamento aumenta la probabilità di incorrere in traumi muscolari e problematiche cardiache. L’effetto del riscaldamento ad una’intensità vicina a quella della soglia anaerobica, prima di un lavoro prolungato, darà un aumento della trasformazione dell’energia attraverso il miglioramento del metabolismo dei lipidi risparmiando le riserve dei carboidrati (glucidiche). In tal modo l’atleta avrà più energia da bruciare poichè ogni grammo di grasso da un’energia pari a 9 Kcal, mentre un grammo di carboidrato da un’energia pari a 4 Kcal. Uno tra i principali obiettivi del riscaldamento è quello di aumentare la temperatura dei muscoli (riscaldamento periferico) e quella all’interno dell’organismo (riscaldamento centrale). Nel riscaldamento la temperatura corporea può aumentare dai 36° ai 38°, il primo sintomo evidente è la comparsa del sudore. Ad oggi ci sono tante teorie sulla durata del riscaldamento, ma tutti gli studiosi sono in accordo nell’affermare che il tempo del riscaldamento dipende dal livello dell’atleta e soprattutto dal modello prestativo dell’allenamento o della gara (durata riscaldamento dai 20’-30’ ai 60’). In generale, il riscaldamento ottimale è composto da un inizio con un lavoro a scarsa intensità, per poi aumentare gradualmente il carico fino ad arrivare ad un’intensità che non supera il livello di soglia anaerobica. Quanto più la disciplina sportiva richiede movimenti complessi dal punto di vista coordinativo, tanto più il riscaldamento deve essere lungo e diversificato. Per quanto riguarda gli sport di breve durata ma con alte intensità,la parte speciale del riscaldamento (parte centrale) deve essere composta da brevi esercizi ad intensità sub-massimale e massimale. Nelle discipline sportive dove la partenza della competizione ha un’intensità sub-massimale o massimale è auspicabile dividere il riscaldamento in tre parti (es. ciclismo, atletica leggera, ecc.): 

1.Realizzazione degli elementi tecnici di maggior importanza.

2. Collegare azioni motorie complesse con l’aumento dell’intensità.

3. Simulare brevi periodi di competizione al 90-95% dell’intensità massimale (Orolin, 1984).

Uno studio di Grodjinovskj e Magel del 1970, condotto sull’atletica leggera, evidenziò la diminuzione del livello della performance in corsa nei mezzofondisti che non svolsero un riscaldamento pre – agonistico con brevi scatti - accelerazioni ad un’intensità massimale.

 

Che cos’è lo stretching?

È una tecnica di allungamento muscolare che consente di contrastare la rigidità e la tensione muscolare. Norris nel 1997affermò che l’allungamento produce una serie di benefici: risparmio energetico nell’eseguire le varie azioni motorie, riduzione della fatica, facilitazione della relazione contrazione - decontrazione muscolare con conseguente miglioramento della coordinazione dei gesti tecnici, prevenzione di lesioni muscolo - tendinee sostenendo le articolazioni soggette a maggiori carichi (The Complete Guide to Stretching, 2007). 

Attualmente esistono tanti tipi di stretching che possiamo raggruppare in tre branche:

1. Stretching statico;

2. Stretching dinamico;

3. PNF.

Negli anni sono stati effettuati numerosi studi sugli effetti dello stretching nel mondo sportivo e le conclusioni sono parecchio discordanti tra loro. Un gruppo di studiosi, Joffe e Bobkov nel 1988, affermò che fare stretching dopo un buon riscaldamento migliora la capacità contrattile del muscolo e diminuisce il pericolo di incorrere in infortuni e traumi. Le teorie sono parecchio divergenti tra loro anche per quanto riguarda la durata dell’allungamento. Anderson nel 1994 affermò che gli esercizi di allungamento possono durare dai 20” ai 30”, mentre la teoria della scuola francese di Méziéristica (1982) estese il tempo di durata fino ad un massimo di 20’. Alcuni studiosi affermano che fare stretching senza un adeguato riscaldamento aerobico riduce la forza ed eleva il rischio di infortunio. Altre teorie mettono in discussione gli effetti dello stretching balistico affermando che sia molto pericoloso. Negli ultimi anni (2013) una teoria afferma che l’allungamento pre – competizione procura un danno all’organismo perché ha un effetto analgesico sul fisico. Per evitare questo effetto si consiglia di eseguire gli allungamenti fino a sentire una leggera tensione muscolare e non un dolore, sarebbe questo ad attivare l’analgesia muscolare inibendo l’interruttore del dolore ed esponendo il fisico a grossi rischi. Alcuni studi mostrano che effettuare il PNF (facilitazione neuromuscolare propriocettiva) dopo un buon riscaldamento non da nessun miglioramento sulla performance sportiva. La tecnica del PNF aumenta l’estensibilità dei movimenti muscolari, attiva l’analgesia portando un miglioramento della prestazione ma incrementa anche il rischio di infortunio.

Riassumendo, ad oggi si può affermare che: 

• La ricerca clinica ha dimostrato che lo stretching non previene gli infortuni, mentre il corretto riscaldamento si.

• Lo stretching aumenta l’estensione muscolare e la prestazione “solo” negli sport che basano la prestazione su questa caratteristica.

• Le ricerche condotte nel passato in Canada stabilirono che per diminuire il rischio di infortunio bisognerebbe aumentare i tempi del riscaldamento ed evitare completamente lo stretching.

 

Core training e possibile relazione con la performance sportiva

Core training

Diversi studi hanno constatato che la maggior parte degli sportivi allenano il proprio corpo in modo sbagliato, sottoponendo i muscoli addominali a sforzi notevoli con esercizi scorretti che, a lungo andare, possono portare danni alla colonna vertebrale. Dagli inizi degli anni 50-60 i ricercatori, medici e preparatori atletici stanno studiando nuove metodologie di allenamento per incrementare l’equilibrio (balance training), la stabilità (core stability) e la forza nella regione centrale del corpo (core), questi concetti vengono raggruppati nella sfera del core training. Gli esercizi di equilibrio possono essere considerati un tipo di allenamento per il core stability, in quanto questi esercizi attivano la muscolatura del core. Ad oggi si può affermare che le definizioni di core stability e forza nel core devono ancora essere stabilite con chiarezza nel settore sportivo. La ricerca ha bisogno di ulteriori dati per stabilire quali esercizi e che tipo di programmi di allenamento siano più efficienti per il miglioramento della prestazione sportiva. In letteratura ci sono molti articoli che promuovono i programmi di core training ed esercizi per il miglioramento della performance senza fornire ragioni scientifiche della loro efficacia, specialmente nel settore sportivo. Pochi studi hanno notato miglioramenti della prestazione nelle attività sportive, correlati a miglioramenti del core stability e della forza nel core eseguendo programmi di core training. I miglioramenti nella stabilità e nella forza hanno un impatto indiretto sulla performance sportiva, poiché il core training ha consentito il più delle volte agli atleti di allenarsi con un minor rischio di infortuni.

 

 

 

Articolo discusso in occasione del convegno "OVEROUSE NELLO SPORT": 

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Monday, 05 January 2015 12:56
Federico Scotti

Sono nato e cresciuto in sella a una bici e voglio mettere tutta la mia passione ed esperienza al servizio dei miei atleti per farli arrivare al top delle loro possibilità!

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